best pg: neal scamander

Vuoto. Tutto ciò che era stato, tutto ciò che era venuto prima, non c’era più. Andato, spazzato via, disperso. Non esisteva più nulla se non quell’algido guscio che sembrava essere stato estratto da un blocco di ghiaccio, plasmato da un meticoloso demiurgo. Mancava qualcosa, lo si vedeva da lontano, scrutando quel grigio che non era mai stato così freddo, osservando quella postura rigida, perfetta. All’apparenza, non c’era nulla fuori posto, ogni cosa aveva la giusta collocazione e svolgeva perfettamente la sua funzione. Peccato, però, che il demiurgo avesse dimenticato di aggiungere qualcosa alla sua opera e che questo qualcosa fosse importante, vitale. Un cuore, ecco cosa mancava.

best post: claire & river

poi uno strappo. Il rumore sordo ed improvvisamente qualcosa le artigliava la pelliccia, tirandola via, togliendole le strisce, togliendole tutto, strappandole la vita. Le sembrava di cadere nel vuoto, le sembrava di non essere più nulla; ma ogni volta che la terra s'apriva, la tigre non c'era più, al suo posto una due-gambe con il fuoco sul capo. [...] E fu allora, avanzando nel bianco più assoluto, circondata dal silenzio, che si voltò. E fu la fine. Gli otto occhi e gli otto ticchettanti tentacoli le stavano dietro, s'allungavano, l'afferrarono, come fossero fatti d'ombra non di materia. E improvvisamente, prima di stritolarla, non era più aracnide, era canide, era lupo, ma era anche corvo. Erano neri. Erano immensi e neri. Erano orribili e immensi e neri e stavano banchettando con il suo corpo.

Scriveva qualche riga a casa solo quando se ne ricordava e in quelle poche parole forniva notizie sommarie e frammentarie, senza mai scendere nei dettagli dei quali il suo tutore era assetato. La scuola? Non pervenuta. Sarebbe tornata per Natale? Chissà. Amicizie? No e poi no. Non gli parlava di niente. Si limitava a poggiare la piuma sul foglio e allora cominciava a scrivere tutto ciò che le passava per la testa: il muro è di pietra, dove finisce la cacca della piovra gigante?, d'inverno fa tanto freddo che mi si gelano le orecchie e mi viene voglia di sgranocchiarle, ma quando facciamo il bagno nel lago in realtà sguazziamo nella pupù di piovra?, a volte Caillie parla nel sonno e io le tappo il naso, si possono adottare gli orfani, se sono tuoi coetanei?, stanotte ho inzuppato il cuscino di bava e così via. [...] Un pomeriggio - lo ricordava bene - aveva abbracciato la signora O'Neal e il profumo dei suoi capelli le aveva fatto venire i brividi: era la prima volta che sentiva quello che, da allora in avanti, avrebbe sempre identificato come "profumo di mamma". Era tornata a casa, River, e aveva pianto perché in mille voci, milioni e miliardi, infinità e universi, non avrebbe mai saputo riconoscere quelle dei suoi genitori. Non le avrebbe trovate neanche se fossero state sole, unici suoni in un deserto, neanche se l'avessero inchiodata al muro con l'insistenza di due pupille nere nerissime, neanche se le avessero urlato addosso. Mamma e papà sarebbero stati sempre e solo due volti in movimento in qualche cornice, muti.